L'istituto con nuovo indirizzo

Il 30 ottobre 1979 perdeva la vita per un incidente stradale, a Pontegrande in Valle Anzasca, don Sisto Bighiani, prevosto di Macugnaga dal 1945, un uomo della Resistenza, pieno di energia e idee.
Fra le sue realizzazioni ci fu la “Baita dei Congressi”, costruita con le sue mani in undici anni di sforzi inauditi. Nella Baita, nell’ottobre 1973 iniziò l’Istituto Professionale Alberghiero, da lui voluto per la formazione professionale dei giovani anzaschini.
Il corso triennale, aperto subito anche alle ragazze, era articolato in tre sezioni di carattere teorico e pratico: addetti ai servizi di cucina, addetti ai servizi di sala-bar e addetti alla segreteria e all’amministrazione d’albergo. La scuola ottenne il riconoscimento legale nei tre anni successivi la sua apertura e nel ’76 era completamente impiantata e funzionante anche come convitto. Quella di Bighiani rappresenta probabilmente il primo esempio in Italia di “scuola-albergo”.
“Tutta l’opera, nel suo complesso, mi appare di valore altamente sociale e civico.” Così relazionava, nel 1974 sull’Istituto, il commissario governativo prof.ssa Giannina Paglino.
Dopo la perdita di don Sisto, la scuola passò nelle mani del Collegio De Filippi di Arona, che la gestì per sei anni egregiamente, ridusse le sezioni, trasferì la sede da Staffa alla frazione Pecetto, facendo lievitare il numero degli alunni. Infatti, nei tredici anni della sua esistenza in quel di Macugnaga, la scuola alberghiera poté contare ben 636 studenti.
Nel 1986, dietro interessamento del vescovo di Novara, l’Istituto è stato assunto in gestione dai Padri Rosminiani ed è sceso a Domodossola, presso il Collegio Mellerio Rosmini, dove nel 1990 assunse l’attuale denominazione.
Una volta cessata l’attività dei Padri nel 1998, l’Istituto è passato di gestione a una cooperativa composta in maggioranza dagli insegnanti della scuola, che ancora oggi porta avanti con passione e dedizione la missione formativa originale, ispirandosi agli ideali rosminiani.
Nel 2006 la scuola ha ottenuto la parità scolastica. Offre una solida preparazione pratica, sostenuta da una forte base teorica, in un percorso quinquennale che porta a ottenere il diploma di maturità e a vedersi aprire molte porte verso un mondo alberghiero-ristorativo di alto livello.

Tratto da 

http://www.alberghierorosmini.it/storia



Le scuole melleriane
1818 – 1837
  . La cessione delle scuole melleriane ai Padri Rosminiani
Nel 1834-35 una grave malattia del Direttore degli Studi, can. Gianani, spinse il Conte Mellerio a chiedere un aiuto al Rosmini, il quale nel 1835 poté concedergli un altro suo religioso don Clemente Alvazzi. Ancora nel ‘35 Mellerio espose all’amico il pensiero di cedergli locali e scuole. Questi lo pregò di stendere una memoria scritta, accennandovi quanti soggetti desiderasse, e per quali incarichi. «Del resto non dubitate, che l’Istituto è tutto, quant’egli è, a vostra disposizione; ed io godrò sommamente se potrò servire al vostro desiderio e corrispondere alle vostre intenzioni» (agosto 1835). Desiderava il Mellerio quattro persone capaci di mantenere le tre scuole di Grammatica, Umanità, iniziare la Retorica, e continuare la direzione spirituale. Fissava un assegno di austriache L. 2.600 alle quali aggiungerebbe il necessario per le ordinarie riparazioni. Cedeva il fabbricato scolastico in proprietà dell'Istituto. Rosmini impiegò due anni per riflettere sulla cosa, sapientemente considerando non l’utilità per il suo Istituto, ma la gravità dell’opera che era pur tanto santa e tutta propria allo spirito di Carità che egli aveva posto a base del suo istituto. Intanto si accontentò di scrivere all’amico, così: «Il progetto circa l’assunzione del Collegio, essendo semplice, come voi l’avete esposto, e non essendo i Maestri e Rettori legati a metodi d’insegnamento, è accettabilissimo. Solo converrà pensare un ripiego (il quale però si troverà) quanto all’articolo di cedere il fabbricato stesso in proprietà dell’Istituto, non potendo questo accettarne la proprietà, ma solo l’uso. L’idea che ora prima mi corre alla mente, ma che merita di essere ben maturata, è quella di cederne la proprietà al Comune di Domo, in modo però che ciò non tolga la libertà all’Istituto di operare a suo grado, né che questa relazione importi alcun futuro impaccio». Sapiente proposta, che verrà conservata dopo mature e comuni considerazioni. Lo voleva la forma speciale di povertà dell’Istituto rosminiano, il quale non può come tale possedere. Ne avvantaggiò allo stesso tempo la Comunità di Domodossola che nel testamento del Mellerio si vedrà chiamata proprietaria. Per Rosmini era un modo di fare del bene a quel paese che era divenuto culla del suo Istituto. Nel luglio 1837 Rosmini si decideva, finalmente, a soddisfare l’Amico. Aveva chiesto a lui nuovamente che mettesse in carta quanto desiderava: egli avrebbe risposto allo stesso modo, conforme il desiderio. A volta di corriere il Conte espose i suoi desiderata , e tre giorni dopo ebbe la sospirata risposta . In un successivo loro incontro i due concertarono assieme una memoria ) ove già viene accennata la fondazione del liceo, da farsi quanto prima. Rosmini vuole fare presto: tre mesi e mezzo prepareranno lo storico mutamento delle Scuole secondarie di Domodossola; il Collegio Melleriano sta per divenire «Collegio Convitto Mellerio» dei Rosminiani. Col consiglio dell’Avv. Chiossi, amico dei due, si prendono misure per dare alloggio ai professori Baiocchi e Guglielminetti fuori del Collegio, dovendo essere questo alla completa disposizione dei nuovi inquilini. Forse la cosa non riusciva a quelli troppo comoda, ma essi la accolsero con buon viso e si mostrarono attivi coadiutori, Baiocchi specialmente, per preparare tutto bene. È quindi assicurata la libertà del fabbricato e l’apertura per il nuovo anno scolastico. Rosmini è in faccende per assettare la casa in modo da poter ricevere anche i primi convittori, quasi a esperimento però, trovando piccolo e inadatto l’ambiente eretto in fatti per le sole scuole «mi persuado sempre più della necessità di ampliare un poco lo stabilimento, ove si voglia (come voi volete) far cosa che vada bene, e che porti vero e stabile frutto. Io mi riserbo a scrivervi sopra ciò dopo qualche tempo». Con pensiero gentile egli vorrebbe avere tra codesti primi un convittore. che portasse il nome «Mellerio», e ne scrive al Conte che si dà a cercarlo. «Il penitenziere di S. Maria di Vigezzo mi scrive per un mio agnato Mellerio, che vorrebbe mettere nel convitto che intendete di aprire nello stabilimento di codeste scuole. Prima di rispondergli amerei di saperne da voi le condizioni per mia norma, ringraziandovi tanto del bel pensiero … Sotto di voi, aiutante Dio, farà per certo ottima riuscita». E fu ottima realmente. Questo giovinetto, Mellerio Pietro Antonio, divenne sacerdote e fu per molti anni parroco nella sua Vigezzo, a Druogno. Le pratiche si succedono velocemente. A Domo l’Avv. Chiossi prepara l’atto di consegna delle scuole; Rosmini chiede a Torino licenza per aprire un Convitto; Mellerio espone al Magistrato della Riforma il suo proposito e ne ottiene l’approvazione.

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